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Giuseppe Cotroneo

Scultore e Grafico

I primi anni

Nato a Benevento il 13 04 1951, diplomato al Liceo Artistico nell’anno 1972, entra nell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, dove si forma al corso di Scultura diplomandosi sotto la guida del Maestro Augusto Perez.
Abilitato all’insegnamento dell’Educazione Artistica insegna in diverse scuole Italiane: Savona, Verona, Milano, Lecco. Trasferito a Napoli, insegna a Cardito presso il Liceo Artistico dove resta fino al 2010, per poi trasferirsi a Benevento dove a oggi insegna al Liceo Artistico Discipline Plastiche.

Percorso formativo e collettive

Durante il percorso formativo ha partecipato a diverse collettive e personali tra Napoli e Benevento: Circolo Nautico di Posillipo a Napoli, galleria Senso Unico a Benevento, Ente provinciale per il Turismo a Benevento e a Lecco.
Alla ricerca della sua identità artistica, influenzato dalla carica positiva del Maestro Perez, lavora e studia assiduamente scoprendo una sua linea creativa passando dal ciclo delle grafiche per proseguire nella scultura, intensificando sempre più la sua voglia di raccontare.
Oggi vive e lavora a Benevento

Critica

"Metamorfosi continue, dinamiche dell’impossibile, attuate con sapiente governo della trasformazione, ora in punta di matita, con un segno che sembra non arrestarsi mai, ora nella dimensione plastica di un attraversamento che consente un momento d’identità e poi la disseminazione, in quello che sembra un incipiente caos, dove tutto può avvenire, oltre quel tanto che è già avvenuto.

Con uno sconfinamento nell’ibridazione di forme naturali, che vengono a confluire in figure umane o di animali, con uno sconvolgimento dell’immaginario, in modo radicale, sia in figura che in metafora, confluendo in un’allusione al senso panico dell’esistente, in cui tutto un pensiero visivo, viene sconvolto, per cui ogni elemento è fondante di corporalità che sembrano astrazioni ed astrazione che sembrano corporalità, possa, a piacimento, fondersi e confondersi. Ed è quello che fa Giuseppe Cotroneo, alludendo ad un modo, tutto suo, personale, di vedere il visibile, di sentire il sensibile, di toccare il tangibile, come traccia continua discontinua del desiderio, che assume su di se la memoria storica del senso comune e del linguaggio stesso, mentre ambisce all’originalità, di un mai visto, mai sentito, mai toccato, quando l’unica espressione possibile, diventa quello di un monologo interiore, di tipo sinfonico, barocco, espansivo, come in un’apocalisse, come in un trionfo.

Un lungo parlare con se stesso, impastato di molteplicità e alterità, alchemicamente, come si conviene ad ogni ricerca che parte dal profondo, con la virtualità di un tempo e di uno spazio, assolutamente singolari, tanto da potersi includere nella trama di una magia beneventana, come condizione inesplicabile, in cui ogni fatto viene disfatto e ogni detto viene contraddetto, in una implosione, che rovescia ogni percorso nel suo doppio e nel suo rovescio, in cui ogni oggetto, diviene reale del reale, ogni fantasma, diviene virtuale del virtuale, comprendendo tutto, non solo ciò che viene imprigionato dal grande, enorme, indefinibile, specchio, che tutti ci attraversa e tutti ci sovrasta, ma anche tutto quello che abbiamo dentro.

Arianna Sartori

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